In cosa o chi crede un ateo? Non
esiste una sola risposta, ma potremmo dire che l'ateo è colui che non aderisce
a ideologie codificate, religiose o no, ma è anche colui che non si accontenta
del racconto della storia che viene dai canali informativi precostituiti,
rinunciando a indagare e capire in prima persona.
Tra i tratti distintivi delle
ideologie - a maggior ragione quelle religiose - c'è l'abitudine alla promessa,
intesa come impegno a garantire una vita migliore in cambio di una totale
rinuncia al libero esercizio della volontà, mascherata da gratificante
abbandono, in una sorta di ricatto escatologico che si protrae dalla notte dei
tempi.
Le ideologie politiche non sono
da meno: anche in queste troviamo l'abitudine a promettere, ma la richiesta di
rinuncia e di sacrificio in questo caso è più sfumata, nascosta, ed è
presentata come necessità di risolvere un problema provocato da altri; come in
alcune religioni la necessità di espiare un peccato commesso da altri. Dunque,
di fronte a questo fenomeno come si dovrebbe porre l'ateo, segnatamente quello
italiano?
Egli non crederà di certo alle
promesse salvifiche del divo Silvio, uso a blandire gli uomini con
accattivanti lusinghe e garanzie di terre promesse dove scorrono fiumi di latte
e miele, e di tagli drastici di tasse, e libertà per tutti gli uomini (un po'
meno per le donne) e adozioni felici per tutti i cani di buona volontà. E
vergini (più o meno) a iosa, naturalmente.
Non crederà al ruolo del
sacrificio come unica via di salvezza, come scritto nel libro, anzi, nell'agenda del salvatore Mario,
che racconta del passaggio doloroso nel deserto della crisi dove ci ha
precipitati il resto del pantheon politico, a lui avverso, e da dove lui e lui
solo può tirarci fuori. Ma a prezzo di altri sacrifici, perché è il dolore e il
sacrificio che tempra e rende puri e salvati.
Non crederà alla pretesa
indispensabilità del dio minore Pierluigi, colui che sempre
deve arrivare (ma ci arriva per lo più casualmente) a risolvere i guai combinati
dagli altri dèi, mediante un sacrificio del tutto originale: quello di se
stesso, unica divinità che trae godimento nel porsi ostacoli da solo, trovando
espedienti sempre più originali.
Non cederà alle lusinghe dei
piccoli ministri di culto della divinità estinta chiamata sinistra,
coi loro proclami di giustizia e libertà, mai realizzati ma solo perché la fede
da riporre in loro deve essere davvero tanta, infinita, nel tempo e nello
spazio, e di fedeli così oramai è difficile trovarne; e questo di certo non è
colpa loro.
Non si sottometterà alla furia
vendicatrice del dio della guerra Beppe, che minaccia fuoco e
fiamme verso gli dèi concorrenti, e sodome e gomorre e inferni e pianto e
stridor di denti per tutti coloro che non credono in lui, ma la soluzione a
tutti i mali nunc et semper a chi abbraccerà il suo culto.
Esaurita l'analisi del pantheon
dei promettenti, dunque, l'ateo resterà inevitabilmente col dubbio;
che del resto è suo compagno di vita abituale. Perché la vita dell'ateo, in un
mondo ubriacato dall'abitudine alla promessa, è difficile, solitaria e
dolorosa.
Già pubblicato qui.
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