La lotta alle
diseguaglianze sociali è un tema che torna spesso nei programmi
elettorali dei partiti e movimenti che aspirano a governare il paese, ma in
questa lotta, come sempre, i cittadini glbt (gay, lesbiche, bisessuali e trans
gender) non vengono considerati. A questa classe politica - con le eccezioni
che stiamo per vedere - l'uguaglianza che interessa è solo quella fiscale, nel
senso che i cittadini glbt contano unicamente come produttori di reddito e
fonte di entrate fiscali. Concedere i diritti loro garantiti dalla Costituzione
non si deve, prendere i loro soldi invece si deve: per questo in fondo, non c'è
nemmeno bisogno di nominarli, li si può seguitare ad ignorare. Qui si realizza
l'unica forma di eguaglianza coi cittadini eterosessuali cattolici, gli unici
che hanno ancora tutte intere le loro libertà.
In questa breve analisi degli
impegni presi verso i cittadini glbt, a meno di un mese dal voto, non vorremmo
nemmeno prendere in considerazione tutto lo schieramento di centro e di destra:
tolti pochi cani sciolti, è troppo forte la sudditanza psicologica e politica
nei confronti della Chiesa cattolica per avere l'interesse e la convenienza di
tentare di fare dell'Italia un paese un po' più civile. Tuttavia, solo per
completezza di informazione, ecco cosa dice il programma del
Pdl: «La persona e la famiglia sono al centro del nostro programma. La difesa e
il sostegno alla famiglia, comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e
donna, la promozione della dignità della persona e la tutela della vita, della
libertà economica, educativa e religiosa, della proprietà privata, della
dignità del lavoro, la solidarietà e la sussidiarietà saranno i punti di
riferimento della nostra azione legislativa». Amen.
La "scelta civica" di
Monti, invece, prevede che la famiglia abbia preminentemente funzione
riproduttiva: «L'Italia deve tornare ad avere fiducia nel futuro e a fare
bambini», sostiene il trio Monti-Casini-Fini. Bisogna dare figli alla patria
come ai bei tempi, quando i treni arrivavano in orario. D'altra parte, il
presidente del Consiglio uscente su questo tema si era già espresso con sufficiente chiarezza.
Anche la Lega nord, da parte sua,
sottolinea l'urgenza di un incremento demografico. Tuttavia, sorpresa!, nei
verdi pascoli della padania ci si richiama esplicitamente all'articolo 3 della
Costituzione, caso più unico che raro. Ma - qui sta la beffa - solo per i
cittadini eterosessuali: leggiamo dal programma che «pur restando la famiglia
naturale la formazione privilegiata alla base della società», non ci si può
esimere dal «predisporre alcune tutele anche per le forme di unioni
eterosessuali che non hanno contratto il matrimonio, soprattutto nell'interesse
dei figli, che rappresentano la parte più debole e più bisognosa di assistenza
del corpo sociale». Et voilà, anche al nord i gay sono serviti.
Restano il Partito democratico e
Sinistra ecologia e libertà, alleati in questa tornata elettorale, Rivoluzione
civile e il Movimento 5 stelle. Sintomatico di questa fase storica è che in
nessuno dei programmi esaminati la "questione omosessuale" (e dei diritti
civili in generale) viene non diciamo al primo posto, ma nemmeno al secondo.
C'è sempre qualcosa di più urgente o importante delle libertà dei cittadini, a
prescindere dal momento storico.
Partiamo dal movimento di Beppe
Grillo: il movimento che ha un non statuto ha anche un non
programma nel quale di diritti civili - non solo dei gay - non si parla
nemmeno di striscio, mentre il suo non leader non disdegnerebbe di avere in lista esponenti fascisti
dichiarati, risultato paradossale della sua pretesa di essere non
ideologico, di non abbracciare nessuna ideologia che non sia quella
dell'anti-sistema a tutti i costi.
Rivoluzione civile, guidata da
Antonio Ingroia, è l'unica che ha nel programma un riferimento chiaro e preciso
ai temi cari al grosso dell'elettorato glbt, ma è un movimento troppo giovane
per meritare da subito una patente di affidabilità, e la sua durata nel tempo
(nella prossima legislatura) è un'incognita. Dal programma, alla voce "Per la laicità e le libertà",
leggiamo: «Affermiamo la laicità dello Stato e il diritto
all'autodeterminazione della persona. Siamo per una cultura che riconosca le
differenze. Aborriamo il femminicidio, contrastiamo ogni forma di sessismo e
siamo per la democrazia di genere. Contrastiamo l'omofobia e vogliamo il
riconoscimento dei diritti civili, degli individui e delle coppie, a
prescindere dal genere. Contrastiamo ogni forma di razzismo e siamo per la
cittadinanza di tutti i nati in Italia e per politiche migratorie accoglienti».
E adesso il Pd; dal suo ridondante programma leggiamo: «Daremo sostanza
normativa al principio riconosciuto dalla Corte Costituzionale, per il quale
una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il
riconoscimento giuridico. È inoltre urgente una legge contro l'omofobia».
Bersani si è impegnato, durante le primarie di coalizione, verso una legge
sulle unioni civili alla tedesca, alla quale il partito è arrivato dopo una
lunghissima, estenuante trattativa interna con l'ala cattolica.
Dall'ancora più ridondante
programma di Sel, invece, leggiamo: «L'affermazione dei diritti di
cittadinanza per tutti e l'universalità dei diritti fondamentali» comporta «la
realizzazione piena delle pari opportunità, la sconfitta di ogni forma di
razzismo, di xenofobia, di omofobia [...] Gli stili di vita, le scelte
procreative, gli orientamenti sessuali vanno rispettati e riconosciuti [...] le
unioni civili vanno riconosciute. La laicità è un cardine della democraticità
delle istituzioni ma anche dei diritti dei cittadini». La locuzione "stili
di vita" è equivoca, se riferita alle persone glbt (l'orientamento
affettivo e sessuale non ha a che fare con lo "stile"), ma l'intento
è chiaro.
Questo è quanto. Resta la domanda
fondamentale, il dilemma dei cittadini glbt che torna puntualmente a ogni
tornata elettorale: turarsi il naso e votare per il meno peggio? In questo caso
si tratta dell'alleanza Pd-Sel, ma sapendo che anche a causa della sua
probabilissima alleanza con Monti e Casini (con cattolicisti annessi, come la
Binetti) molto probabilmente nemmeno stavolta potranno mantenere le promesse
fatte, avendo oltretutto già in partenza la scusa buona ("è colpa di
Monti", diranno), per tacere del solito autolesionismo patologico della
sinistra, stavolta sotto le sembianze dello scandalo Monte Paschi, che rischia
di compromettere quella che sembrava una partita già vinta. Rischiare con
Rivoluzione civile o col Movimento 5 stelle, praticamente un salto nel buio?
Oppure cercare di espatriare verso un paese civile, abbandonando finalmente
l'Italia al suo destino di ultima roccaforte occidentale del fondamentalismo
religioso 2.0, quello dei vertici del clero che vanno su twitter
propugnando una società di stampo medievale? Al lettore la risposta.
Pubblicato ieri qui.
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