sabato 2 febbraio 2013

Elettori gay: votare o emigrare?



La lotta alle diseguaglianze sociali è un tema che torna spesso nei programmi elettorali dei partiti e movimenti che aspirano a governare il paese, ma in questa lotta, come sempre, i cittadini glbt (gay, lesbiche, bisessuali e trans gender) non vengono considerati. A questa classe politica - con le eccezioni che stiamo per vedere - l'uguaglianza che interessa è solo quella fiscale, nel senso che i cittadini glbt contano unicamente come produttori di reddito e fonte di entrate fiscali. Concedere i diritti loro garantiti dalla Costituzione non si deve, prendere i loro soldi invece si deve: per questo in fondo, non c'è nemmeno bisogno di nominarli, li si può seguitare ad ignorare. Qui si realizza l'unica forma di eguaglianza coi cittadini eterosessuali cattolici, gli unici che hanno ancora tutte intere le loro libertà.

In questa breve analisi degli impegni presi verso i cittadini glbt, a meno di un mese dal voto, non vorremmo nemmeno prendere in considerazione tutto lo schieramento di centro e di destra: tolti pochi cani sciolti, è troppo forte la sudditanza psicologica e politica nei confronti della Chiesa cattolica per avere l'interesse e la convenienza di tentare di fare dell'Italia un paese un po' più civile. Tuttavia, solo per completezza di informazione, ecco cosa dice il programma del Pdl: «La persona e la famiglia sono al centro del nostro programma. La difesa e il sostegno alla famiglia, comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la promozione della dignità della persona e la tutela della vita, della libertà economica, educativa e religiosa, della proprietà privata, della dignità del lavoro, la solidarietà e la sussidiarietà saranno i punti di riferimento della nostra azione legislativa». Amen.

La "scelta civica" di Monti, invece, prevede che la famiglia abbia preminentemente funzione riproduttiva: «L'Italia deve tornare ad avere fiducia nel futuro e a fare bambini», sostiene il trio Monti-Casini-Fini. Bisogna dare figli alla patria come ai bei tempi, quando i treni arrivavano in orario. D'altra parte, il presidente del Consiglio uscente su questo tema si era già espresso con sufficiente chiarezza.

Anche la Lega nord, da parte sua, sottolinea l'urgenza di un incremento demografico. Tuttavia, sorpresa!, nei verdi pascoli della padania ci si richiama esplicitamente all'articolo 3 della Costituzione, caso più unico che raro. Ma - qui sta la beffa - solo per i cittadini eterosessuali: leggiamo dal programma che «pur restando la famiglia naturale la formazione privilegiata alla base della società», non ci si può esimere dal «predisporre alcune tutele anche per le forme di unioni eterosessuali che non hanno contratto il matrimonio, soprattutto nell'interesse dei figli, che rappresentano la parte più debole e più bisognosa di assistenza del corpo sociale». Et voilà, anche al nord i gay sono serviti.

Restano il Partito democratico e Sinistra ecologia e libertà, alleati in questa tornata elettorale, Rivoluzione civile e il Movimento 5 stelle. Sintomatico di questa fase storica è che in nessuno dei programmi esaminati la "questione omosessuale" (e dei diritti civili in generale) viene non diciamo al primo posto, ma nemmeno al secondo. C'è sempre qualcosa di più urgente o importante delle libertà dei cittadini, a prescindere dal momento storico.

Partiamo dal movimento di Beppe Grillo: il movimento che ha un non statuto ha anche un non programma nel quale di diritti civili - non solo dei gay - non si parla nemmeno di striscio, mentre il suo non leader non disdegnerebbe di avere in lista esponenti fascisti dichiarati, risultato paradossale della sua pretesa di essere non ideologico, di non abbracciare nessuna ideologia che non sia quella dell'anti-sistema a tutti i costi.
Rivoluzione civile, guidata da Antonio Ingroia, è l'unica che ha nel programma un riferimento chiaro e preciso ai temi cari al grosso dell'elettorato glbt, ma è un movimento troppo giovane per meritare da subito una patente di affidabilità, e la sua durata nel tempo (nella prossima legislatura) è un'incognita. Dal programma, alla voce "Per la laicità e le libertà", leggiamo: «Affermiamo la laicità dello Stato e il diritto all'autodeterminazione della persona. Siamo per una cultura che riconosca le differenze. Aborriamo il femminicidio, contrastiamo ogni forma di sessismo e siamo per la democrazia di genere. Contrastiamo l'omofobia e vogliamo il riconoscimento dei diritti civili, degli individui e delle coppie, a prescindere dal genere. Contrastiamo ogni forma di razzismo e siamo per la cittadinanza di tutti i nati in Italia e per politiche migratorie accoglienti».

E adesso il Pd; dal suo ridondante programma leggiamo: «Daremo sostanza normativa al principio riconosciuto dalla Corte Costituzionale, per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico. È inoltre urgente una legge contro l'omofobia». Bersani si è impegnato, durante le primarie di coalizione, verso una legge sulle unioni civili alla tedesca, alla quale il partito è arrivato dopo una lunghissima, estenuante trattativa interna con l'ala cattolica.
Dall'ancora più ridondante programma di Sel, invece, leggiamo: «L'affermazione dei diritti di cittadinanza per tutti e l'universalità dei diritti fondamentali» comporta «la realizzazione piena delle pari opportunità, la sconfitta di ogni forma di razzismo, di xenofobia, di omofobia [...] Gli stili di vita, le scelte procreative, gli orientamenti sessuali vanno rispettati e riconosciuti [...] le unioni civili vanno riconosciute. La laicità è un cardine della democraticità delle istituzioni ma anche dei diritti dei cittadini». La locuzione "stili di vita" è equivoca, se riferita alle persone glbt (l'orientamento affettivo e sessuale non ha a che fare con lo "stile"), ma l'intento è chiaro.

Questo è quanto. Resta la domanda fondamentale, il dilemma dei cittadini glbt che torna puntualmente a ogni tornata elettorale: turarsi il naso e votare per il meno peggio? In questo caso si tratta dell'alleanza Pd-Sel, ma sapendo che anche a causa della sua probabilissima alleanza con Monti e Casini (con cattolicisti annessi, come la Binetti) molto probabilmente nemmeno stavolta potranno mantenere le promesse fatte, avendo oltretutto già in partenza la scusa buona ("è colpa di Monti", diranno), per tacere del solito autolesionismo patologico della sinistra, stavolta sotto le sembianze dello scandalo Monte Paschi, che rischia di compromettere quella che sembrava una partita già vinta. Rischiare con Rivoluzione civile o col Movimento 5 stelle, praticamente un salto nel buio? Oppure cercare di espatriare verso un paese civile, abbandonando finalmente l'Italia al suo destino di ultima roccaforte occidentale del fondamentalismo religioso 2.0, quello dei vertici del clero che vanno su twitter propugnando una società di stampo medievale? Al lettore la risposta.

Pubblicato ieri qui.


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