venerdì 26 febbraio 2016

Unioni civili: è solo il primo passo


Il percorso tortuoso e accidentato del ddl Cirinnà sulle unioni civili, concluso col voto di fiducia al Senato (ora tocca alla Camera, dove i numeri per il governo sono rassicuranti), alla fine ha prodotto un mostro. Promesso solennemente a suo tempo da Matteo Renzi, quando (molto dopo la promessa) è finalmente arrivato all'esame dell'aula è stato prima colpito dal Movimento 5 stelle, che ha rifiutato in extremis di votare il famigerato canguro, che nelle intenzioni dei estensori del ddl doveva servire a annullare una lunga serie di emendamenti utili solo al sabotaggio dei lavori parlamentari ("emerdamenti", li ha definiti Luciana Littizzetto, azzeccandoci). E poi dal presidente del Senato Pietro Grasso, che ha ritenuto, con un buon ritardo pure lui, di dichiarare il canguro inammissibile.

Aperto il varco, è toccato prima a Renzi sacrificare la stepchild adoption alla coesione della sua maggioranza di governo, quindi ad Alfano, il cavallo di troia del familismo fanatico degli Adinolfi & c., continuare a picconare e svuotare un testo che valeva già poco in partenza. Trasformando l'iter di approvazione del ddl in una mezza vittoria per la parte peggiore del Parlamento, e del Paese che l'ha voluto, quel Parlamento.

Il ministro dell'interno ha ottenuto - oltre allo stralcio dell'adozione del figliastro - anche l'eliminazione di uno dei riferimenti che equiparano il nuovo istituto al matrimonio vero e proprio, ovvero l'obbligo alla fedeltà. Il ddl è stato salvato, invece, da ulteriori clausole che avrebbero limitato l'azione dei giudici in caso di ricorsi sulle adozioni: «Non sarà proibito ai magistrati di continuare a tutelare la continuità affettiva dei bambini», ha dichiarato Monica Cirinnà. La stessa Cirinnà è tra i firmatari di un disegno di legge per cancellare dal codice civile il riferimento all'obbligo di fedeltà anche nel matrimonio, già presentato in Senato.

Le proteste che sono seguite, le iniziative di progressisti e reazionari, i commenti di queste ore, tutto questo è riferito alle coppie gay, perché delle coppie di fatto eterosessuali non è mai fregato niente a nessuno.

Il risultato

Questa leggina beffarda - vista in punto di Diritto - è persino peggio della situazione normativa precedente, nella quale non c'era nulla di nulla, perché arriva al paradosso di sancire e ufficializzare la discriminazione: cittadini eterosessuali e cittadini omosessuali ora sono legalmente diversi, e la discriminazione verso i secondi adesso èufficiale. La legge Cirinnà è un vero e proprio certificato di discriminazione. È un dettaglio non trascurabile, anche perché presenta profili di incostituzionalità evidenti, ed è quindi vulnerabile ed esposta a ricorsi che la possono mettere a rischio di essere smontata a colpi di sentenze, come già accaduto per la legge 40 sulla procreazione assistita.

Dunque, il Senato ha votato la fiducia al Governo su una versioneeconomy del ddl Cirinnà, già concepito come contentino, minimo sindacale per zittire l'Europa e consentire al governo di attaccarsi al petto la medaglia (fasulla) del riformismo; ma poi partorito monco, anche al di sotto di quel minimo. Un mostriciattolo giuridico venuto alla luce nel consueto, grottesco e surreale clima politico italiota, tra il papa che dichiara di non immischiarsi (in effetti, lo ha fatto per interposta Conferenza episcopale), gli estremisti familisti come Alfano («Abbiamo impedito una rivoluzione contro-natura e antropologica»), Adinolfi e i loro degni compari che cantano vittoria, il partito di maggioranza relativa che al di là dei proclami ritiene i diritti civili non prioritari e comunque sacrificabili, i grillini che si suicidano cadendo regolarmente in ogni tipo di trappola. E la stessa prima firmataria del ddl, Monica Cirinnà, che prima si appassiona ma poi ingoia il rospo senza battere ciglio.

Detto questo, è il caso di parlarsi chiaro: questa legge non è il punto di arrivo, ma solo una tappa, la prima, lungo la strada verso la piena parità di diritti e opportunità di tutti i cittadini.

Il punto d'arrivo è quello in cui non ci saranno più categorie di persone costrette a elemosinare diritti civili e libertà individuali - che sono dovuti - a un gruppo (minoritario, per di più) di cattolicisti esaltati e arroganti, come se questi fossero padroni di tutto e di tutti. Una situazione che, raccontata un giorno, risulterà difficile da capire, e sarà plausibile solo come letteratura, come in un racconto grottesco di Orwell. Il punto d'arrivo non può che essere il matrimonio egualitario: non c'è civiltà, non c'è nemmeno democrazia finché tutti i cittadini non saranno uguali di fronte alla legge. È solo questione di tempo, e di vedere quale sarà il percorso da qui fino a quel punto, quali saranno le prossime tappe.

Che fare, adesso?

Già da prima del voto del Senato ci si era divisi su una domanda marzulliana: è meglio poco che niente, o è meglio niente che poco? Difficile rispondere, siamo per ora di fronte a un paradosso come quello del gatto di Schrödinger: solo più avanti, a "scatola aperta" e a conti fatti, sapremo se il gatto è vivo o morto, cioè se questa leggina avrà fatto più danni di quanto sia stata l'inizio di un percorso virtuoso. Al momento si può solo prendere atto che questo Parlamento - quello del «Pur essendo arrivati primi non abbiamo vinto», di Pierluigi Bersani - non poteva produrre niente di più.

Dato per scontato che la battaglia per i diritti e le libertà deve continuare e continuerà fino all'obiettivo finale (prossimo appuntamento il 5 marzo, a Roma, per una manifestazione indetta dalle associazioni lgbt), al momento non c'è molto altro da fare che essere realisti e pragmatici: anche se il legislatore è stato obbligato a legiferare da una sentenza - una delle tante contro l'Italia - della Corte europea dei diritti dell'uomo, questa legge, nella sua somma imperfezione, è in ogni caso una notevole discontinuità storica, nell'italica palude reazionaria e bigotta.

A guardare il bicchiere mezzo pieno (non costa niente), è comunque un'occasione: la legge appena votata - finché resterà vigente così com'è stata varata - darà dimostrazione pratica e palese che la minacciata conseguenza di una disgregazione della famiglia tradizionale e della società intera, se i gay avranno dei diritti, è una balla colossale, una scusa ridicola. Perché non ci deve interessare far cambiare idea ai razzisti - non è possibile - quanto agli indecisi e ai dubbiosi: anche chi si sarà lasciato conquistare in buona fede dal terrorismo semantico dei reazionar-cattolicisti italiani, potrà vedere coi propri occhi che nulla di quanto paventato accadrà. È un'occasione storica, mai avuta prima, e dovrà essere sfruttata bene. Ché l'omofobia, e una certa cultura reazionaria, antiscientifica e antistorica, sono molto più diffuse nella nostra società di quanto qualsiasi ridicolo family day o esibizione di forza dei reazionari rinchiusi nel Palazzo possano mostrare. Dunque, "uniamoci civilmente", e continuiamo a crescere bambini sani, come sappiamo fare, mostriamo loro coi fatti che il mondo non finirà per questo. Così, quando si riaprirà la partita e si parlerà finalmente di matrimonio egualitario, avremo un precedente, avremo fatti concreti e inconfutabili da esibire per sbugiardare i razzisti.


E le adozioni? C'è una bella fetta di Parlamento alla quale il benessere dei bambini interessa fino a un certo punto; i figli delle famiglie arcobaleno, in particolare, con questa leggina vengono abbandonati alle decisioni dei giudici, che come fanno già oggi valuteranno caso per caso. Il governo, per bocca del senatore Pd Andrea Marcucci (quello del super canguro impallinato pochi giorni fa), ha dichiarato di voler intervenire con un ddl a parte: «Una legge piena sulle unioni civili con diritti veri alle coppie gay. Continueremo la battaglia sulle adozioni, non solo quelle speciali», ha twittato. Il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, ha poi confermato. Secondo Manuela Perrone de il Sole 24 ore il ddl sarebbe già pronto, e darebbe «La possibilità di adottare anche per le coppie dello stesso sesso (non solo con la stepchild ma con l'adozione piena e legittimante), per i conviventi stabili e per i single». Resta da capire in quale legislatura verrebbe affrontato un simile ddl, perché in questa appare poco verosimile.

Una domanda


Concluso, per il momento, il travagliato e a tratti surreale iter parlamentare della legge, resta una domanda inevasa, di ordine storico-esistenziale: chi risarcirà tutte quelle persone omosessuali che hanno sprecato e stanno sprecando la loro vita nell'attesa di un riconoscimento pieno, che sono state sovraccaricate di sensi di colpa e private della felicità cui avrebbero avuto e hanno diritto? Sono persone - molti di noi ne conosceranno almeno una - che anche ora, con questo straccio di leggina beffarda, sono troppo avanti con gli anni per farsi la famiglia che avrebbero voluto. Generazioni di innocenti sacrificate sull'altare della fobia di quattro razzisti, aizzati - come sempre - dalla religione, grandiosa fabbrica di odio e discriminazione, fornitrice globale numero uno di alibi e pretesti per fanatici d'ogni genere. Chi li risarcirà per le umiliazioni cui sono stati, sono e saranno sottoposti ogni volta che un reazionario bigotto e razzista ha aperto, apre e aprirà la bocca, bollandoli come feccia del genere umano e accusandoli delle peggiori nefandezze, sproloquiando di un presunto "ordine naturale", di incesti e compravendita di bambini? Se la storia fosse giusta, darebbe a queste persone l'opportunità di una gigantesca class action contro le religioni, imporrebbe a pontefici e capi religiosi di inginocchiarsi a chieder loro scusa. Come peraltro ha già fatto il signor papa con gli ebrei. Succederà, prima o poi.

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