mercoledì 3 ottobre 2012

Il Cortile dei gentili sbarca ad Assisi



Quando fu chiesto a monsignor Gianfranco Ravasi, alla vigilia dell'inaugurazione del Cortile dei gentili (Bologna, 2011), se l'iniziativa avrebbe avuto come scopo la conversione degli atei, la risposta fu: «non c'è alcuna attesa di conversioni, né di inversioni di cammini esistenziali di alcuno. Vogliamo solo proporre un dialogo che eviti il vuoto, gli stereotipi, la banalità. Le voci possono essere anche agli antipodi, ma devono saper creare armonia e migliorare la qualità del dibattito culturale». Un anno dopo, precisamente il prossimo 5 ottobre, il Cortile approda ad Assisi dopo le tappe di Parigi, Barcellona e Stoccolma; sono attesi, tra gli altri, gli interventi di Vincenzo Cerami, Umberto Veronesi, Susanna Camusso, padre Alex Zanotelli, Moni Ovadia, Enzo Bianchi, Alessandro Fuksas, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, Federico Rampini. A moderare anche il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, ma soprattutto è prevista la presenza del ministro Corrado Passera e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L'incontro avrà per titolo: 'Dio, questo sconosciuto'.

Inutile discutere della necessità di iniziative di questo tipo, senz'altro lecite, anche potenzialmente interessanti, ma sostanzialmente inutili se gli invitati da Ravasi sono per lo più 'atei devoti' o persone già interessate a un dibattito di questo tipo; piuttosto che atei veri e propri, convinti della necessità prima di ristabilire la parità tra cittadini credenti e non credenti, e poi - semmai - a un confronto tra questi sui massimi sistemi. Altrimenti si dà l'idea di un dibattito addomesticato e quindi solo propagandistico.

Quest'anno ci sono da rilevare, invece, due aspetti: il primo riguarda l'idiosincrasia delle gerarchie cattoliche e dei loro simpatizzanti verso l'ateismo anzi di più, già verso il vocabolo 'ateo', definito, per esempio, 'brutta parola' da Cerami, per via della sua connotazione negativa (a-teo è in effetti una negazione, ma se c'è una negazione vuol dire a rigor di logica che prima c'è stata una affermazione, nel caso indimostrata). Quelli del Cortile si dichiarano felici di aver trovato un nuovo modo di nominare la loro controparte: 'umanesimo laico'. Quindi, come scrive l'Avvenire, «il Cortile dei gentili, oltre a favorire il dialogo tra credenti e non, sta anche promuovendo una specie di rivoluzione nel linguaggio», perché nessun umanista secolare «vuole essere chiamato ateo, nessuno agnostico, nessuno non-credente (che è definizione solo negativa) e nessuno laico (termine che hanno inventato i preti)». E' con tutta evidenza un punto di vista relativo.

Se da parte cattolica si è sempre cercato di negare persino l'esistenza stessa degli atei, col pretesto che, Cerami dixit, «ognuno di noi ha qualche segreto che anela a uno svelamento» (ma questo è un problema solo per i credenti), sul termine laico è opportuno fare chiarezza, e andare oltre la semplicistica definizione di 'non appartenente al clero'. Lo faremo con le parole di Claudio Magris: «Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l'opposto di credente (o di cattolico) e non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico. Laicità non è un contenuto filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere dall'adesione o meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato. La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l'attitudine ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, da nessuna fede, da nessun pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura - anche cattolica - se è tale è sempre laica, così come la logica - di San Tommaso o di un pensatore ateo - non può non affidarsi a criteri di razionalità e la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al catechismo [...] Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capacità di credere fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il pensiero e l'autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive».

L'altro aspetto da rilevare è che, durante la conferenza stampa di presentazione del prossimo incontro del Cortile dei gentili ad Assisi, Ravasi ha rimesso il dito sulla piaga dolente (per i cattolici) della mancata visita di Joseph Ratzinger all'università di Roma la Sapienza in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico, nel 2008: come si ricorderà, una parte dei docenti e degli studenti contestò l'invito al pontefice fatto dal rettore Luigi Frati, tanto che in Vaticano si preferì rinunciare, potendo poi sfruttare appieno un facile vittimismo. Ricordiamo anche che per la questura non c'erano pericoli per l'incolumità del pontefice tali da sconsigliarne la presenza. Ravasi vorrebbe che quello strappo fosse ricucito, organizzando una nuova occasione di visita alla Sapienza, magari sul tema delle 'culture giovanili o della musica'. Lasciando intendere che stavolta, di fronte a eventuali nuove contestazioni, non ci si lascerà intimorire. Da parte nostra, possiamo solo sperare che se l'evento sarà organizzato, il pontefice si metta il gioco fino in fondo accettando di rispondere a domande non preventivamente concordate, quindi non comode per lui. Sarà un'occasione interessante per svelare fino in fondo se davvero, come Ratzinger ebbe a dire, «al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea», cioè se davvero la Chiesa ha intenzione di confrontarsi (fuori o dentro il Cortile) e non solo di imporre la sostanza della propria fede senza accettare di metterla seriamente in discussione.
Dialogo, appunto, non monologo, sopraffazione beffarda.

Pubblicato ieri qui.

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