Il discorso di insediamento del
presidente americano Barack Obama per il suo secondo mandato ha offerto spunti
notevoli, se visto da questa parte dell'Atlantico. Dalle sponde del
Mediterraneo, per la precisione. Quattro anni fa Obama aveva ringraziato esplicitamente
i non credenti, tra quelli che gli avevano consentito di vincere le elezioni, e
già questo per l'italietta che conosciamo è fantascienza. Ieri, per giunta,
seppure giurando su una Bibbia (quella di Abramo Lincoln e Martin Luther King)
e ringraziando il creatore, Obama ha fatto un salto in quello che per noi è
l'iperspazio: «Il nostro lavoro non sarà completo finché i nostri fratelli e le
nostre sorelle gay non saranno trattati come chiunque altro in base alla
legge», ha dichiarato, «perché se è vero che siamo stati creati uguali allora
anche l'amore che ci scambiamo l'un l'altro deve essere uguale».
Le persone omosessuali, loro
malgrado, sono al centro della campagna elettorale anche qui. Ma qui i loro
diritti vengono usati (tolte poche eccezioni) quasi solo come spauracchio per
raccogliere i voti degli elettori bigotti e anche per ricattare la Chiesa
("se non mi appoggi faranno sposare i gay!", è il messaggio
trasversale lanciato verso il Vaticano). Anche la parte dello schieramento
politico che si definisce - esagerando in autostima - "riformista",
al massimo dello sforzo e dopo infiniti tentennamenti, ha saputo produrre solo
un vago impegno per una legge sulle unioni civili alla tedesca; che poi sarà
difficilmente attuabile vista l'alleanza che Bersani si sente costretto a fare
con Monti e Casini.
Invece che un discorso di alti
contenuti e ideali, anche rischioso per un politico (Obama è stato sempre
contestato dalla destra radicale, inclusa buona parte del Partito repubblicano
e alcuni democratici, per le sue intenzioni di garantire maggiori diritti alla
popolazione gay d'America, e anche durante il discorso di ieri si vedeva
qualche manifestazione di critica), qui ci tocca assistere a un florilegio di
dichiarazioni che sembra una gara di rutti (senza essere altrettanto
divertente), e non da oggi.
Mario Monti, adorato dal clero
non a caso, ha già espresso la sua contrarietà al matrimonio gay, ma l'ultima,
gustosissima sparata è del candidato alla presidenza della Lombardia, Regione
chiave, Gabriele Albertini: «Ma perché dobbiamo condannare, o comunque
obbligare, un figlio ad essere necessariamente omosessuale, quando invece potrebbe
essere tranquillamente eterosessuale?», e via sproloquiando in quella
direzione. La differenza è lampante, sottolinearla sarebbe troppo facile, come
sparare ai pesci in un barile. Il segretario del Pdl Angelino Alfano, più
papista del papa, all'inizio di gennaio aveva paventato una «deriva
zapaterista» in caso di vittoria del centrosinistra: «Inevitabilmente l'accordo
Bersani-Vendola sotto il profilo dei così detti diritti civili, come li
chiamano loro, andrebbe in una direzione che a nostro avviso non sarebbe quella
auspicata dalla Chiesa. Andrebbe verso uno zapaterismo assolutamente chiaro e
già vi sono tutti i segnali in questo senso e quindi la separazione dell'area
alternativa alla sinistra prodotta da Monti come risultato oggettivo produrrà, sul
piano di alcuni ambiti programmatici, esattamente il risultato che la Chiesa
vorrebbe scongiurare».
Impossibile allora non prendere
spunto dalla sparata di Alfano e rilanciare l'idea alla quale tutti hanno
pensato negli anni scorsi, fino a quando Josè Luiz Rodriguez Zapatero è andato
in pensione: uniamoci, tifosi della laicità e dei diritti civili, e chiediamo
al presidente della Repubblica di comprarci "lo straniero", come si
diceva una volta, quando nelle squadre di calcio italiane arrivavano i primi giocatori
di altri Paesi. Che almeno il dibattito venga tirato fuori dall'osteria di
bassa lega nella quale si svolge, e sia fondato sulla realtà dei fatti invece
che sull'emissione di aria dall'apparato digerente dovuta a eccessiva
ingestione di alcolici e legumi.
Presidente, compraci Zapatero! Obama ha appena rinnovato il suo contratto, e comunque costerebbe troppo.
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