mercoledì 24 luglio 2013

Cattolici in politica: la Balena bianca ha partorito un pesciolino


Chi era preoccupato che il dibattito sulla presenza ed efficacia dei cattolici in politica potesse essere stato chiuso in un cassetto per sempre può stare tranquillo: ci ha pensato il settimanale Famiglia Cristiana, a riprendere il discorso, con un tono denso di amarezza, in uno speciale intitolato Dalla diaspora all'assenza.
Il direttore don Antonio Sciortino, il politologo gesuita don Bartolomeo Sorge, il sociologo Franco Garelli e il filosofo Dario Antiseri provano a riordinare le idee, dopo la delusione del doppio appuntamento di Todi, che nulla ha prodotto se non un fiume di parole e belle intenzioni.

Quello che emerge con forza è l'indignazione (di Sciortino) per il silenzio dei politici cattolici in Parlamento, a partire dalla loro mancata difesa di papa Bergoglio, criticato da parte della destra - quella più sensibile al tema dell'immigrazione - dopo la sua visita a Lampedusa. In questo caso è comprensibile l'indignazione: c'è chi spende il suo mandato da parlamentare sempre a rincorrere le gerarchie ecclesiali, ma solo purché non vada contro certi interessi, come la guerra all'immigrazione, si vedano le dichiarazioni insolenti di Fabrizio Cicchitto sull'indipendenza della politica dalla Chiesa, indipendenza che solo in questo caso è un valore per l'illustre rappresentante del Pdl. Questa schizofrenia è difficile da digerire per don Sciortino.

Sorge, poi, interpellato sulla presunta irrilevanza dei cattolici prova a delineare un «modo nuovo di essere cristiano e fare politica», che «non dev'essere necessariamente il partito, può essere una minoranza attiva e capace di incidere, di portare avanti il nuovo [...] Come ad esempio quella di alcuni ministri del passato Governo dei tecnici di Mario Monti, che sono di estrazione cattolica ma non portano il distintivo. Ministri che hanno dato un segno ben visibile della dottrina sociale cattolica». A questo punto ci starebbe bene un "leader laico", secondo Garelli, preoccupato che la presenza cattolica sia ormai "impalpabile", mentre Antiseri fa l'elenco dei danni prodotti dalla scomparsa della Democrazia cristiana: «Calpestate le più elementari necessità della famiglia, come i nidi e gli asili; lasciate morire una dopo l'altra le scuole libere; ingoiata tutta una serie di nefandezze, a cominciare dalla più indecente e illiberale delle leggi elettorali (dove quattro Caligola nominano un Parlamento e dove ai cittadini vengono di fatto imposti chi li deve rappresentare); silenzio, scambiato per prudenza, davanti a scandali a ripetizione; difesa ostinata di vergognosi privilegi; nomina di incompetenti a posti istituzionali di rilievo; una catena di proposte di leggi ad personam. e mai che rappresentanti politici di estrazione cattolica abbiano avuto un sussulto di dignità motivando pubblicamente le loro dimissioni». Rilanciando così l'idea di un partito cattolico, ché in Parlamento contano i numeri: «In innumerevoli convegni, vengono continuamente richiamati i nomi di Don Luigi Sturzo e De Gasperi. Ma ci si dimentica troppo spesso che Sturzo un Partito lo fece e che De Gasperi ha salvato l'Italia con un Partito d'ispirazione cristiana».

E' una storia vecchia: quello che emerge è che non hanno la più pallida idea di cosa fare, cosa proporre, ancora prima di come farlo. Ma - ed è questo il dettaglio più fastidioso per chi osserva da fuori quello che succede nel mondo cattolico - dimenticano sempre che proprio loro, i cattolici, hanno sempre avuto le leve del comando, in questo paese, e ci vuole coraggio a dire il contrario.

Lamentare ogni giorno «l'inutilità dei parlamentari che si dichiarano cristiani», i quali su «famiglia, solidarietà, accoglienza, fine e inizio vita, bioetica», negli ultimi vent'anni «hanno concluso ben poco» è francamente intollerabile, è un affronto all'onestà intellettuale di tutti i cittadini. Vediamo cos'è che non avrebbero concluso: ancora non abbiamo una legge contro l'omofobia (vedremo venerdì in aula cosa succederà), niente divorzio breve, niente unioni civili, nulla sul fine vita, l'ora di religione (impartita da insegnanti scelti dalla Curia ma pagati dallo Stato) resta una sorta di ricatto alle famiglie che non possono combattere una guerra per esentarne i propri figli; non parliamo nemmeno del matrimonio gay. In compenso, loro, gli "ininfluenti" cattolici, hanno posto ogni ostacolo possibile all'aborto, inclusa l'obiezione selvaggia che è una vergogna in un paese civile; abbiamo ancora una legge sulla procreazione assistita - la 40 - che solo perché limpidamente incostituzionale è stata fatta a pezzi dai magistrati; hanno assicurato che il flusso copioso e sempre più scandaloso di denaro pubblico (esenzione Imu, otto per mille...) continui ad affluire, e magari aumentare, verso le scuole confessionali, le casse della Cei e del Vaticano.

Sarà un caso che pochi giorni prima dell'esame del Ddl sull'omofobia, quattro dei più noti ed attivi clericali del Pdl si sono subito messi a disposizione chiedendo una moratoria sui diritti civili perché "divisivi"?

Sorge fa il solito salto mortale triplo carpiato all'indietro, e pretende di mettere insieme istanze inconciliabili: «Bisognerebbe trovare un modo nuovo [...] una presenza aperta, ispirata alla dottrina sociale della Chiesa e alla Costituzione, però con una forte autonomia laicale e una sicura indipendenza nei confronti della gerarchia, senza collateralismi nuovi». Cioè tutto e il contrario di tutto, perché la dottrina sociale della chiesa (che sovente è solo un altro nome con cui viene indicato il Catechismo cattolico) spesso cozza con la Costituzione, e non si può avocare per sé l'indipendenza (abusando di un termine, laicità, il cui significato è storicamente sempre sfuggito alla maggior parte dei cattolici) dalle gerarchie se proprio alla dottrina che loro propugnano ci si vuole ispirare. Se la prendono con chi sventola la propria qualità di cattolico per occupare le poltrone; ma se ne preoccupano solo se succede nei palazzi del potere: e - fuori dal Palazzo - chi ad esempio fa l'obiettore di coscienza solo per avanzare di carriera nella sanità pubblica?

Questi richiami e rimproveri ai "politici cattolici" indicano chiaramente quanto l'intellighenzia cattolic-chic di questo paese ami attaccare etichette sulla giacca dei loro - presunti - rappresentanti, e si muova auspicando la materializzazione di una lobby, una corporazione, che già esiste, piuttosto che propugnare i suoi valori nel rispetto di quelli altrui. Si parla di grandi ideali, di dottrina sociale, ma alla fine la sostanza (oltre a una pragmaticissima aspirazione al puro potere) è sempre quella: la "difesa dei valori non negoziabili", la quintessenza dell'arroganza e della prepotenza applicata alla politica. La difesa di un moralismo avulso dalla realtà, e fuori dalla democrazia, laddove questi "valori", che non sono di tutti, interferiscono pesantemente nelle libertà di tutti. Si, perché in sottotraccia si rimprovera ai "sottoposti" della dottrina Cattolica di essere stati piuttosto scarsi, a loro modo di vedere, in ciò in cui costoro storicamente eccellono: la limitazione, possibilmente l'annientamento, delle libertà altrui.

Viene da domandarsi: ma che altro vogliono?

La verità è che i cattolici si sono arroccati da decenni nel fortino costituito dal Palazzo, perché nella società non riescono più a convincere, visto che hanno ben poco da proporre oltre alla arroganza della loro dottrina medievale e dei loro "valori non negoziabili". Niente di nuovo sotto il sole.

Ma allora se la gloriosa balena bianca è diventata un "pesciolino" (Sciortino dixit) l'unica cosa che stupisce è il loro stupore.


Già pubblicato qui.

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