Il cardinal Bagnasco sta sempre
all'erta, pronto a cogliere ogni piccola minaccia ai privilegi
ecclesial-cattolici che gli è stato ordinato di difendere. In questo caso si
tratta del predominio ideologico sulla scuola. E si capisce, l'educazione -
quindi il sistema scolastico - è troppo importante per mollare la presa e
lasciarla ai "nemici".
E' accaduto, come saprà chi segue
queste vicende, che i volumetti informativi Educare
alla diversità a scuola, commissionati dall'Unar(Ufficio
nazionale antidiscriminazioni razziali) all'istituto A. T. Beck e destinati
alla diffusione nelle scuole pubbliche (dalla primaria alla secondaria di
secondo grado) attraverso gli insegnanti che ne vorranno fare uso, sono stati
oggetto della peggiore propaganda cattolica, quella cui siamo abituati da
sempre.
Qualcuno ha messo in relazione
una recente prolusione di Bagnasco con l'uscita di quegli
opuscoli: l'ex ordinario militare è ricorso al consueto terrorismo semantico,
paventando sfaceli per il mondo intero come se quei volumetti - e altre
meritorie iniziative simili nel recente passato - fossero davvero giunti sulle
cattedre. Cosa che non è ancora avvenuta e che grazie a questo attacco non
avverrà mai. A latere, Bagnasco ha battuto cassa come sempre, chiedendo ancora
soldi per le scuole cattoliche.
E dire che l'iniziativa era volta
semplicemente ad informare gli studenti dell'esistenza di forme familiari
diverse da quelle tradizionali, con l'obiettivo non secondario di frenare il
bullismo omofobico nella scuola e di conseguenza nella società. E senza
ricorrere a una fantomatica propaganda ideologica (da che pulpito: ecco il
metodo cattolico del ribaltamento della realtà), come ha accusato Bagnasco, che
vorrebbe le nuove generazioni custodite al sicuro sotto una campana di vetro.
Il tutto nel silenzio complice
del finto "rivoluzionario" Bergoglio. «Chi sono io per giudicare?», ha detto il papa
tempo fa a proposito delle persone omosessuali. «Non sei proprio nessuno,
infatti», avrebbero dovuto rispondergli i giornalisti, se non fossero stati così
presi dalla deferenza. Il problema non è il "giudizio" del papa, il
problema è la violenza quotidiana che la sua Chiesa compie a danno dei non
omologati.
Sarebbe oggettivamente molto
facile ribattere punto su punto alla logorroica prolusione di Bagnasco,
mettendo a nudo l'ipocrisia di cui è infarcita, ma sarebbe esercizio inutile e
sicura perdita di tempo. Il problema sta altrove, ed è è la malattia che
colpisce da sempre la società italiana: l'indifferenza, l'incapacità di
cogliere la natura e la gravità di quello che ci accade e l'attitudine storica
a chinare il capo di fronte a ogni potere.
In Spagna, per fare un esempio,
masse di cittadini sono sempre pronte a scendere in piazza per difendere quel
po' di diritti (sacrosanti) che hanno ottenuto nel corso degli anni, a
cominciare dalla recente mobilitazione contro il tentativo governativo di restaurazione anti-abortista. Abbiamo visto masse
imponenti persino in Turchia e in alcuni paesi arabi, dove pure uno penserebbe
che nessuno sappia cosa vuol dire laicità. Ovunque, tranne che in Italia, paese
popolato da gente notoriamente indolente, fin troppo. Qui il grosso dell'opinione
pubblica sembra anestetizzata. Ci vorrebbe qualcosa o qualcuno capace di
risvegliare la bella addormentata: si deve forse arrivare alla conversione
forzata, a un indottrinamento opprimente di tipo orwelliano, al matrimonio
coatto e alla procreazione obbligatoria, perché questo popolo si svegli, senza
farsi impressionare dalla stolida accusa di laicismo?
Già il termine
"laicismo" è una storpiatura. In un quadro paradossale come quello
italiano, è la declinazione dispregiativa di una realtà che dovrebbe essere
neutra oltre che acquisita: la laicità c'è o non c'è, non ha senso accusare
chicchessia di volerne troppa o di perseguire quella "sbagliata". Ma
siamo in Italia, patria del paradosso, e così i porporati hanno sempre pronta
l'accusa di "laicismo", e appena ritengono che serva la sfoderano
come una sciabola, agitandola contro tutti quelli che minacciano la loro
posizione di privilegio in spregio al principio di laicità ben chiarito nella
Costituzione. Fino a chiudere il cerchio e dare un senso al vocabolo: perché
questo non è un paese laico, quindi la laicità va perseguita e, ove
conquistata, difesa giorno per giorno. Noi, come questa vicenda insegna,
dobbiamo partire dalla sua conquista.
Pubblicato ieri qui.
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