venerdì 21 novembre 2014

Bergoglio a Strasburgo? Grazie, no



Jorge Mario Bergoglio, sovrano della Città del Vaticano e Pontefice massimo della Chiesa cattolica col nome di Francesco, parlerà al Parlamento europeo martedì 25 novembre. È il secondo papa a comparire in quell'aula, dopo Karol Wojtyla nel 1988.

Martin Schulz, socialdemocratico tedesco, attuale presidente dell'aula di Strasburgo, dopo essersi preso del kapò da Silvio Berlusconi (in un fotogramma memorabile nella storia dell'europarlamento), ha invitato Bergoglio a ottobre 2013 e lo ha incontrato di nuovo nelle scorse settimane per confermargli l'invito ufficiale e scambiare dei regali con lui.

Nel sito istituzionale della presidenza dell'europarlamento, Martin Schulz dichiara: «Questo Parlamento è il cuore della democrazia a livello europeo. Il Parlamento europeo sarà sempre dalla parte del popolo, lavorando per migliorare la vita quotidiana di centinaia di milioni di europei. Il Parlamento europeo lavorerà in modo dignitoso ed equo, basato sul rispetto e la non discriminazione. A nome del Parlamento, lavorerò con ancora maggior vigore, la trasparenza e la visibilità in tutto ciò che faccio per l'Europa».

In coerenza con questa affermazione alcune associazioni e movimenti politici puntano il dito contro l'invito di Shultz. Bergoglio è «il rappresentante di una religione che ha in disprezzo i diritti umani», scrive Democrazia atea nella presentazione della petizione che chiede proprio a Schulz «in quale veste abbia invitato Bergoglio», e quindi che la sua presenza - per pronunciare un discorso immaginiamo senza contraddittorio - costituisca un'incongruenza difficilmente spiegabile. Anche se in effetti l'Unione europea si è già distinta per peculiari amnesie, per esempio non ha preso una posizione netta e decisa nemmeno contro la deriva reazionaria e autoritaria dell'Ungheria, benedetta proprio dalla Chiesa di Bergoglio. Quel Bergoglio, il papa più sopravvalutato della storia, frutto di una riuscita operazione di marketing, che al di là delle chiacchiere non ha cambiato di una virgola la dottrina della sua Chiesa.

Anche la Federazione Umanista Europea «giudica questo invito estremamente inappropriato per una istituzione europea che rappresenta cittadini di ogni credo e convinzione - incluse quelle non religiose. Perché il leader di una religione dovrebbe avere l'opportunità di parlare all'assemblea dei rappresentanti dei cittadini europei? Questo invito non è altro che il simbolo dei privilegi di cui la Chiesa Cattolica ha sempre goduto in Europa e nelle istituzioni europee». Ma l'invito oramai è stato accettato e la macchina dell'accoglienza è in funzione.

Sarà interessante, allora, ascoltare per esempio cosa dirà del matrimonio e delle unioni omosessuali in un continente dove solo la Grecia e il cortile dietro il Vaticano, cioè l'Italia, non prevedono né l'uno né le altre. Dirà ai rappresentanti svedesi, portoghesi, sloveni, tedeschi, belgi e austriaci di cancellare ogni forma di «diritto immaginario» concesso ai gay di quei paesi? E che dirà del "bene" dei bambini danesi, olandesi, francesi, che possono già avere due genitori dello stesso sesso? Dirà a quei genitori «Consegnate i vostri figli»?

Sarà davvero interessante ascoltare cosa dirà (se ne parlerà, del che dubitiamo) di quell'immenso, tragico scandalo - in primis proprio per i poveri bambini indifesi di cui dice di preoccuparsi - della pedofilia dei suoi preti, di fronte ai rappresentanti di un continente dove i media non sono così provinciali, omertosi e vergognosamente genuflessi come quelli del cortile vaticano, e ne parlano diffusamente da anni.
E cosa dirà delle politiche sulla contraccezione e l'interruzione volontaria di gravidanza cui nessuno dei paesi in cui sono garantite si sogna di rinunciare solo perché un papa potrebbe intimarglielo? Riprodurrà su scala continentale la sua grottesca esaltazione del presunto coraggio dei medici obiettori italiani?

Vorrà forse dire qualcosa sulla «notizia che la Corte di giustizia del Lussemburgo ha deciso di ammettere nel merito un ricorso che potrebbe costare agli enti ecclesiastici che operano in Italia fino a quattro miliardi di euro, l'ammontare di Ici e Imu non pagato dal 2008», come riporta il blog dell'Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti), e in generale sugli innumerevoli privilegi fiscali di cui gode la sua Chiesa della "povertà" (a parole)?

Dirà qualcosa allora, anche se non è in agenda alcuna discussione sulla Costituzione europea e non avrà senso insistere nuovamente, come i suoi predecessori, sulle radici cristiane dell'Europa? Questo non è improbabile, almeno a sentire un entusiasta cardinale Reinhard Marx, presidente della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), spera «che il Santo Padre incoraggi i parlamentari europei nel loro lavoro, indicando come i valori fondamentali dell'Unione, ispirati in larga misura dalla fede cristiana, possono plasmare l'Europa di domani», come riporta Avvenire oggi.

Insomma, si profila una predica da curato di campagna imparata a memoria sui "valori cristiani", una difesa della famiglia tradizionale (da cosa ancora non s'è capito) e una tipica intemerata vescovile sulle minacce all'universo intero da parte della "ideologia gender", come in una domenica qualunque dal balcone di casa sua, solo in un contesto eccezionale?

Passerà il prevedibile clamore mediatico della predica papale a Strasburgo, condito dalla consueta e stucchevole lode sperticata e acritica al nuovo corso "francescano", un immenso euro-inchino senza precedenti nella storia di quell'aula: perché almeno Wojtyla ha parlato durante il crepuscolo della guerra fredda, col muro di Berlino che stava per cadere, mentre l'unica rivoluzione che Bergoglio può vantare è quella del selfie.

Dopo di che, se proprio si dovrà indicare quali devono essere i valori fondanti dell'Europa che verrà, piuttosto che i valori di una sola religione, ideologica e avulsa dalla realtà per eccellenza, che si parta dai documenti sui diritti umani approvati proprio in quell'aula, come la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, o la Risoluzione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia dell'UE contro l'omofobia e la discriminazione legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere.

Perché l'Europa, per la sua storia plurimillenaria fatta di influenze culturali e spirituali molteplici e diverse, nonché culla dell'illuminismo e del pensiero razionale, o è laica o non è. O è equidistante e non influenzabile da religioni e ideologie, o torna ad essere un gigantesco feudo ecclesiale, come nei secoli bui del medioevo, quando re ed imperatori venivano incoronati dal papa.

Speriamo che qualcuno lo ribadisca già martedì prossimo in quell'aula.

Pubblicato ieri qui.


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