martedì 24 marzo 2015

Simple Minds: a che punto è la notte



L'occasione per riparlare della band di Glasgow è la pubblicazione della ristampa di un lavoro davvero magnifico come Sparkle in the rain, che risale al 1984; quindi con un anno di ritardo sul trentennale.

Quando si racconta di quel filotto di capolavori (Life in a day, Real to real cacophony, Empires and dance e gli abum gemelli Sons and fascination/Sister feeling call) che hanno portato al loro lavoro più celebrato, New gold dream, quasi nessuno si ricorda di inserire anche Sparkle in the rain, il capolavoro più sottovalutato di una band già in sè sottovalutata ingiustamente. 
Nel booklet del maxi cofanetto che rappresenta il formato-top di questa ristampa, Jim Kerr racconta di quella passeggiata al porto di Glasgow che ha portato a Waterfront, primo singolo estratto dall'album, di come White hot day, altro gioiellino misconosciuto, era destinato a restare un pezzo strumentale se il testo non fosse stato "trovato" all'ultimo momento. Di come questo album sia stato riscritto dopo aver gettato via tutto il materiale composto subito dopo New gold dream, perché giudicato in pratica una caricatura di quest'ultimo. E' stato anche l'ultimo con la formazione storica al completo (eccetto Mel Gaynor alla batteria, tutt'ora nel gruppo). La successiva perdita prima di Derek Forbes (basso, che è rientrato e nuovamente uscito dal gruppo negli anni seguenti) e poi di Mick MacNeil (tastiere) è stato lo spartiacque nella loro carriera di celebrata band new wave, una tragedia, il punto di non ritorno.

Sparkle in the rain fu il primo disco del nuovo corso, quello "chitarristico" dopo il quinquennio magnifico, elettronico e oscuro ‘79-‘82, ma resta un capolavoro incompreso, e anche frainteso per quel sound che alcuni avevano giudicato troppo simile a quello degli U2; complice il fatto che il produttore, Steve Lillywhite, era lo stesso. Poi Bono e la sua band virarono verso la coppia Eno-Lanois, mentre Lillywhite fu cercato da Kerr e soci, che sentivano di volere una svolta nel sound. Sparkle in the rain, ascoltato oggi, ancora mostra di non avere un solo pezzo debole; perfino Street hassle di Lou Reed, unica cover dell'album, suonata da loro si inserisce perfettamente nel contesto. Waterfront, Speed your love to me, Up on the catwalk (i tre singoli), più altre chicche come Book of brilliant things, White hot day e C' moon cry like a baby hanno conservato tutto il loro fascino, e fanno rimpiangere che la band non abbia mantenuto quel sound anche per i lavori seguenti.

Sparkle, in ogni caso, poco o nulla ha a che fare col suono potente, ipnotico e claustrofobico dei tre capolavori pre gold dream (Kerr ha confessato che Sons and fascination è ancora oggi il suo album preferito), quella stagione è finita per sempre (anche confrontare le liriche serve a  capirlo), ed è giusto così. L'andamento costante, ipnotico della sezione ritmica su cui costruire una melodia minimale, apparentemente slegata, eredità del kraut alla Kratfwerk (trasferita nella new wave da gruppi come i Talking Heads) e un testo criptico ed ermetico, sono stati i marchi di fabbrica della premiata ditta McGee-Forbes-MacNeil-Burchill-Kerr. Il riferimento ai Kraftwerk è assolutamente attinente: proprio un loro pezzo, Neon lights, ha dato il titolo all'unico (per fortuna...) album di cover dei Minds: una sorta di bignami di quelle che sono state le loro fonti di ispirazione.

Chi scrive ama troppo i Simple Minds per giudicare veramente brutto un loro disco, ma se guardiamo dall'alto a quello che è stato - finora - il loro percorso, è impossibile non notare come ci siano stati dei passi falsi: Once upon a time e Real life su tutti. Oggettivamente, malgrado indimenticabili hits come Alive and kickin' e See the lights, questi due album rappresentano il punto più basso nella loro discografia (miracolosamente intervallati da un lavoro eccellente come Street fighting years): Once upon a time il è frutto della loro resa alle ragioni commerciali di chi voleva farli sfondare negli Usa (riuscendoci in pieno, peraltro, ma - come in altri casi in quel periodo - facendo in definitiva un torto al pubblico usa, giudicato evidentemente in grado solo di ascoltare roba molto easy listening, come non fossero in grado di apprezzare roba più complessa e profonda. Io se fossi americano mi sarei sentito offeso!), mentre Real life non ha nemmeno quella giustificazione. Se non forse quella di essere stato concepito col disorientamento per l'abbandono da parte di MacNeil. Lo stesso Cry, indicato da molti come l'unico lavoro che si salva, dopo gli '80, in realtà è stato scritto quasi interamente da autori esterni al gruppo, il che è sintomatico della menopausa creativa in cui credevamo fossero piombati i Minds. Ci si può consolare solo se si considera che agli U2 in fondo, è andata e sta andando molto peggio.



Ma talvolta alcuni gruppi che si erano persi, sorprendono: Big music, pubblicato pochi mesi fa, è il primo lavoro decisamente bello e interessante dal sottovalutato (pure quello) Good news from the next world, del 1995. L'ennesimo cambio di produzione ha portato a un lavoro interessante, che si piazza da qualche parte tra Once upon a time e Cry. Almeno quattro sono i pezzi all'altezza di quel periodo: i singoli Midnight walking e Honest town, la title track e Let the day begin. Big music è una boccata d'aria fresca e un grande sollievo, chissà se i Minds, già pronti per un nuovo lavoro, hanno imboccato questa strada definitivamente.

Il continuo cambio di sound durante gli anni '80 è stato frutto di un cambio di stato d'animo, coraggiosamente assecondato, o della fine dell'ispirazione che ha provocato mancanza di idee? In fondo, che importanza ha, chi l'ha detto che una band debba rimanere sempre uguale a se stessa, per essere considerata degna di nota? Sarà solo un vezzo di certi critici a pretenderlo?




Forse. Ma intanto godiamoci questa ristampa di Sparkle in the rain: il sontuoso - e costoso - cofanetto da 5 cd non contiene vere rarità ma solo extended mix, edit e versioni strumentali. E il live, registrato a Glasgow nel febbraio 1984 (ci sono anche alcune BBC sessions e tre videoclip), è di qualità bassina, poco più di un buon bootleg. Solo per fanatici (come il sottoscritto...), la versione doppio cd va più che bene. 

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