lunedì 25 maggio 2015

La svolta laica dell'Irlanda: anche i gay potranno sposarsi



La prima nazione dove a decidere sono stati gli elettori, con una consultazione popolare senza l'intermediazione dell'organo legislativo, dettaglio che dà molta più forza alla svolta: è stato infatti con un referendum che la Repubblica d'Irlanda ha deciso (il si ha prevalso nettamente) di estendere il diritto al matrimonio anche alle coppie omosessuali. 

Nel dettaglio, si è votato sulla modifica dell'articolo 41 della Costituzione, che riguarda la famiglia, con una clausola che recita: «Il matrimonio può essere contratto, in accordo con la legge, da due persone senza distinzione di sesso».

L'Irlanda, il cui ordinamento già contemplava le unioni civili, e dove fino al 1993 l'omosessualità era illegale, si va ad aggiungere alla lista di altri venti paesi dove il matrimonio è possibile senza distinzioni di sesso. Si tratta di Olanda (il primo paese in assoluto), Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Francia, Regno Unito (Ulster escluso), Portogallo, Islanda, Lussemburgo, Canada, Stati Uniti (alcuni stati), Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica, Nuova Zelanda e Slovenia. Senza contare quegli altri paesi dove esiste almeno una legislazione sulle unioni civili.

La "cattolica Irlanda" si usa dire, soprattutto in queste ore, a sottolineare l'influenza della tradizione cattolica in quella società. Da queste parti, invece, il cattolicesimo esercita la sua influenza (ingerenza, direbbe qualcuno) solo sulla politica, invece che sulla società, che è pronta al progresso civile, e che si sta secolarizzando inesorabilmente. Il ddl Cirinnà sulle unioni civili, il cui esame in aula era stato promesso dal premier dopo l'approvazione della legge elettorale, è slittato di nuovo, stavolta a dopo la pausa estiva, ufficialmente per problemi più urgenti.

L'emergenza permanente - un ossimoro tutto italiano - che procrastina all'infinito le questioni che riguardano i diritti civili e le libertà individuali. E nemmeno il decisionista Matteo Renzi è sembrato in grado, finora, di invertire la tendenza. Chissà se il premier è al corrente che l'Italia è uno dei peggiori paesi dell'Unione europea quanto a diritti delle persone lgbt, secondo una recente classifica dell'Ilga (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), che ci vede ormai in compagnia solo di alcune delle nazioni dell'ex blocco sovietico.


Questo paese pare proprio destinato a restare la jungla dell'ultimo giapponese cattolicista, armato fino ai denti in difesa del medioevo. Finché finirà questa guerra immaginaria.

Già pubblicato qui.


Nessun commento: