Il percorso tortuoso e
accidentato del ddl Cirinnà sulle unioni civili, concluso col voto di fiducia
al Senato (ora tocca alla Camera, dove i numeri per il governo sono
rassicuranti), alla fine ha prodotto un mostro. Promesso solennemente a suo
tempo da Matteo Renzi, quando (molto dopo la promessa) è finalmente arrivato
all'esame dell'aula è stato prima colpito dal Movimento 5 stelle, che ha
rifiutato in extremis di votare il famigerato canguro, che nelle intenzioni dei
estensori del ddl doveva servire a annullare una lunga serie di emendamenti
utili solo al sabotaggio dei lavori parlamentari ("emerdamenti", li
ha definiti Luciana Littizzetto, azzeccandoci). E poi dal presidente del Senato
Pietro Grasso, che ha ritenuto, con un buon ritardo pure lui, di dichiarare il
canguro inammissibile.
Aperto il varco, è toccato prima
a Renzi sacrificare la stepchild adoption alla coesione della
sua maggioranza di governo, quindi ad Alfano, il cavallo di troia del familismo
fanatico degli Adinolfi & c., continuare a picconare e svuotare un testo
che valeva già poco in partenza. Trasformando l'iter di approvazione del ddl in
una mezza vittoria per la parte peggiore del Parlamento, e del Paese che l'ha
voluto, quel Parlamento.
Il ministro dell'interno ha
ottenuto - oltre allo stralcio dell'adozione del figliastro - anche
l'eliminazione di uno dei riferimenti che equiparano il nuovo istituto al
matrimonio vero e proprio, ovvero l'obbligo alla fedeltà. Il ddl è stato
salvato, invece, da ulteriori clausole che avrebbero limitato l'azione dei
giudici in caso di ricorsi sulle adozioni: «Non sarà proibito ai magistrati di
continuare a tutelare la continuità affettiva dei bambini», ha dichiarato
Monica Cirinnà. La stessa Cirinnà è tra i firmatari di un disegno di legge per
cancellare dal codice civile il riferimento all'obbligo di fedeltà anche nel
matrimonio, già presentato in Senato.
Le proteste che sono seguite, le
iniziative di progressisti e reazionari, i commenti di queste ore, tutto questo
è riferito alle coppie gay, perché delle coppie di fatto eterosessuali non è
mai fregato niente a nessuno.
Il risultato
Questa leggina beffarda - vista
in punto di Diritto - è persino peggio della situazione normativa precedente,
nella quale non c'era nulla di nulla, perché arriva al paradosso di sancire e
ufficializzare la discriminazione: cittadini eterosessuali e cittadini
omosessuali ora sono legalmente diversi, e la discriminazione verso
i secondi adesso èufficiale. La legge Cirinnà è un vero e proprio
certificato di discriminazione. È un dettaglio non trascurabile, anche perché
presenta profili di incostituzionalità evidenti, ed è quindi vulnerabile ed
esposta a ricorsi che la possono mettere a rischio di essere smontata a colpi
di sentenze, come già accaduto per la legge 40 sulla procreazione assistita.
Dunque, il Senato ha votato la
fiducia al Governo su una versioneeconomy del ddl Cirinnà, già
concepito come contentino, minimo sindacale per zittire l'Europa e consentire
al governo di attaccarsi al petto la medaglia (fasulla) del riformismo; ma poi
partorito monco, anche al di sotto di quel minimo. Un mostriciattolo giuridico
venuto alla luce nel consueto, grottesco e surreale clima politico italiota,
tra il papa che dichiara di non immischiarsi (in effetti, lo ha fatto per
interposta Conferenza episcopale), gli estremisti familisti come Alfano
(«Abbiamo impedito una rivoluzione contro-natura e antropologica»), Adinolfi e
i loro degni compari che cantano vittoria, il partito di maggioranza relativa
che al di là dei proclami ritiene i diritti civili non prioritari e comunque
sacrificabili, i grillini che si suicidano cadendo regolarmente in ogni tipo di
trappola. E la stessa prima firmataria del ddl, Monica Cirinnà, che prima si
appassiona ma poi ingoia il rospo senza battere ciglio.
Detto questo, è il caso di
parlarsi chiaro: questa legge non è il punto di arrivo, ma solo una tappa, la
prima, lungo la strada verso la piena parità di diritti e opportunità di tutti
i cittadini.
Il punto d'arrivo è quello in cui
non ci saranno più categorie di persone costrette a elemosinare diritti civili
e libertà individuali - che sono dovuti - a un gruppo (minoritario, per di più)
di cattolicisti esaltati e arroganti, come se questi fossero padroni di tutto e
di tutti. Una situazione che, raccontata un giorno, risulterà difficile da
capire, e sarà plausibile solo come letteratura, come in un
racconto grottesco di Orwell. Il punto d'arrivo non può che essere il matrimonio
egualitario: non c'è civiltà, non c'è nemmeno democrazia finché tutti i
cittadini non saranno uguali di fronte alla legge. È solo questione di tempo, e
di vedere quale sarà il percorso da qui fino a quel punto, quali saranno le
prossime tappe.
Che fare, adesso?
Già da prima del voto del Senato
ci si era divisi su una domanda marzulliana: è meglio poco che niente, o è
meglio niente che poco? Difficile rispondere, siamo per ora di fronte a un
paradosso come quello del gatto di Schrödinger: solo più avanti, a "scatola
aperta" e a conti fatti, sapremo se il gatto è vivo o morto, cioè se
questa leggina avrà fatto più danni di quanto sia stata l'inizio di un percorso
virtuoso. Al momento si può solo prendere atto che questo Parlamento - quello
del «Pur essendo arrivati primi non abbiamo vinto», di Pierluigi Bersani - non
poteva produrre niente di più.
Dato per scontato che la
battaglia per i diritti e le libertà deve continuare e continuerà fino
all'obiettivo finale (prossimo appuntamento il 5 marzo, a Roma, per una
manifestazione indetta dalle associazioni lgbt), al momento non c'è molto altro
da fare che essere realisti e pragmatici: anche se il legislatore è stato
obbligato a legiferare da una sentenza - una delle tante contro l'Italia -
della Corte europea dei diritti dell'uomo, questa legge, nella sua somma
imperfezione, è in ogni caso una notevole discontinuità storica, nell'italica
palude reazionaria e bigotta.
A guardare il bicchiere mezzo
pieno (non costa niente), è comunque un'occasione: la legge appena votata -
finché resterà vigente così com'è stata varata - darà dimostrazione pratica e
palese che la minacciata conseguenza di una disgregazione della famiglia
tradizionale e della società intera, se i gay avranno dei diritti, è una balla
colossale, una scusa ridicola. Perché non ci deve interessare far cambiare idea
ai razzisti - non è possibile - quanto agli indecisi e ai dubbiosi: anche chi
si sarà lasciato conquistare in buona fede dal terrorismo semantico dei reazionar-cattolicisti italiani,
potrà vedere coi propri occhi che nulla di quanto paventato accadrà. È
un'occasione storica, mai avuta prima, e dovrà essere sfruttata bene. Ché
l'omofobia, e una certa cultura reazionaria, antiscientifica e antistorica,
sono molto più diffuse nella nostra società di quanto qualsiasi ridicolo family day o esibizione di forza dei reazionari
rinchiusi nel Palazzo possano mostrare. Dunque, "uniamoci
civilmente", e continuiamo a crescere bambini sani, come sappiamo fare,
mostriamo loro coi fatti che il mondo non finirà per questo. Così, quando si
riaprirà la partita e si parlerà finalmente di matrimonio egualitario, avremo
un precedente, avremo fatti concreti e inconfutabili da esibire per sbugiardare
i razzisti.
E le adozioni? C'è una bella
fetta di Parlamento alla quale il benessere dei bambini interessa fino a un
certo punto; i figli delle famiglie arcobaleno, in particolare, con questa
leggina vengono abbandonati alle decisioni dei giudici, che come fanno già oggi
valuteranno caso per caso. Il governo, per bocca del senatore Pd Andrea
Marcucci (quello del super canguro impallinato pochi giorni fa), ha dichiarato
di voler intervenire con un ddl a parte: «Una legge piena sulle unioni civili
con diritti veri alle coppie gay. Continueremo la battaglia sulle adozioni, non
solo quelle speciali», ha twittato. Il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, ha
poi confermato. Secondo Manuela Perrone de il Sole 24 ore il
ddl sarebbe già pronto, e darebbe «La possibilità di adottare anche per le
coppie dello stesso sesso (non solo con la stepchild ma con
l'adozione piena e legittimante), per i conviventi stabili e per i single».
Resta da capire in quale legislatura verrebbe affrontato un simile ddl, perché
in questa appare poco verosimile.
Una domanda
Concluso, per il momento, il
travagliato e a tratti surreale iter parlamentare della legge, resta una
domanda inevasa, di ordine storico-esistenziale: chi risarcirà tutte quelle
persone omosessuali che hanno sprecato e stanno sprecando la loro vita
nell'attesa di un riconoscimento pieno, che sono state sovraccaricate di sensi
di colpa e private della felicità cui avrebbero avuto e hanno diritto? Sono
persone - molti di noi ne conosceranno almeno una - che anche ora, con questo
straccio di leggina beffarda, sono troppo avanti con gli anni per farsi la
famiglia che avrebbero voluto. Generazioni di innocenti sacrificate sull'altare
della fobia di quattro razzisti, aizzati - come sempre - dalla religione,
grandiosa fabbrica di odio e discriminazione, fornitrice globale numero uno di
alibi e pretesti per fanatici d'ogni genere. Chi li risarcirà per le
umiliazioni cui sono stati, sono e saranno sottoposti ogni volta che un
reazionario bigotto e razzista ha aperto, apre e aprirà la bocca, bollandoli
come feccia del genere umano e accusandoli delle peggiori nefandezze,
sproloquiando di un presunto "ordine naturale", di incesti e compravendita
di bambini? Se la storia fosse giusta, darebbe a queste persone l'opportunità
di una gigantesca class action contro le religioni, imporrebbe
a pontefici e capi religiosi di inginocchiarsi a chieder loro scusa. Come
peraltro ha già fatto il signor papa con gli ebrei. Succederà, prima o poi.
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