L'occasione per riparlare della
band di Glasgow è la pubblicazione della ristampa di un lavoro davvero
magnifico come Sparkle in the rain,
che risale al 1984; quindi con un anno di ritardo sul trentennale.
Quando si racconta di quel
filotto di capolavori (Life in a day,
Real to real cacophony, Empires and dance
e gli abum gemelli Sons and
fascination/Sister feeling call) che hanno portato al loro lavoro più celebrato,
New gold dream, quasi nessuno si
ricorda di inserire anche Sparkle in the
rain, il capolavoro più sottovalutato di una band già in sè sottovalutata
ingiustamente.
Nel booklet del maxi cofanetto che rappresenta il formato-top di
questa ristampa, Jim Kerr racconta di quella passeggiata al porto di Glasgow
che ha portato a Waterfront, primo
singolo estratto dall'album, di come White
hot day, altro gioiellino misconosciuto, era destinato a restare un pezzo
strumentale se il testo non fosse stato "trovato" all'ultimo momento.
Di come questo album sia stato riscritto dopo aver gettato via tutto il
materiale composto subito dopo New gold
dream, perché giudicato in pratica una caricatura di quest'ultimo. E' stato
anche l'ultimo con la formazione storica al completo (eccetto Mel Gaynor alla
batteria, tutt'ora nel gruppo). La successiva perdita prima di Derek Forbes
(basso, che è rientrato e nuovamente uscito dal gruppo negli anni seguenti) e
poi di Mick MacNeil (tastiere) è stato lo spartiacque nella loro carriera di
celebrata band new wave, una tragedia, il punto di non ritorno.
Sparkle in the rain fu il primo disco del nuovo corso, quello
"chitarristico" dopo il quinquennio magnifico, elettronico e oscuro ‘79-‘82,
ma resta un capolavoro incompreso, e anche frainteso per quel sound che alcuni
avevano giudicato troppo simile a quello degli U2; complice il fatto che il
produttore, Steve Lillywhite, era lo stesso. Poi Bono e la sua band virarono
verso la coppia Eno-Lanois, mentre Lillywhite fu cercato da Kerr e soci, che
sentivano di volere una svolta nel sound. Sparkle
in the rain, ascoltato oggi, ancora mostra di non avere un solo pezzo
debole; perfino Street hassle di Lou
Reed, unica cover dell'album, suonata da loro si inserisce perfettamente nel
contesto. Waterfront, Speed your love to
me, Up on the catwalk (i tre singoli), più altre chicche come Book of brilliant things, White hot day
e C' moon cry like a baby hanno
conservato tutto il loro fascino, e fanno rimpiangere che la band non abbia
mantenuto quel sound anche per i lavori seguenti.
Sparkle, in ogni caso, poco o nulla ha a che fare col suono
potente, ipnotico e claustrofobico dei tre capolavori pre gold dream (Kerr ha confessato che Sons and fascination è ancora oggi il suo album preferito), quella
stagione è finita per sempre (anche confrontare le liriche serve a capirlo), ed è giusto così. L'andamento
costante, ipnotico della sezione ritmica su cui costruire una melodia minimale,
apparentemente slegata, eredità del kraut
alla Kratfwerk (trasferita nella new wave da gruppi come i Talking Heads) e un
testo criptico ed ermetico, sono stati i marchi di fabbrica della premiata
ditta McGee-Forbes-MacNeil-Burchill-Kerr. Il riferimento ai Kraftwerk è
assolutamente attinente: proprio un loro pezzo, Neon lights, ha dato il titolo all'unico (per fortuna...) album di
cover dei Minds: una sorta di bignami di quelle che sono state le loro fonti di
ispirazione.
Chi scrive ama troppo i Simple
Minds per giudicare veramente brutto un loro disco, ma se guardiamo dall'alto a
quello che è stato - finora - il loro percorso, è impossibile non notare come
ci siano stati dei passi falsi: Once upon
a time e Real life su tutti.
Oggettivamente, malgrado indimenticabili hits come Alive and kickin' e See the
lights, questi due album rappresentano il punto più basso nella loro
discografia (miracolosamente intervallati da un lavoro eccellente come Street fighting years): Once upon a time il è frutto della loro
resa alle ragioni commerciali di chi voleva farli sfondare negli Usa
(riuscendoci in pieno, peraltro, ma - come in altri casi in quel periodo -
facendo in definitiva un torto al pubblico usa, giudicato evidentemente in
grado solo di ascoltare roba molto easy listening, come non fossero in grado di
apprezzare roba più complessa e profonda. Io se fossi americano mi sarei
sentito offeso!), mentre Real life
non ha nemmeno quella giustificazione. Se non forse quella di essere stato
concepito col disorientamento per l'abbandono da parte di MacNeil. Lo stesso Cry, indicato da molti come l'unico
lavoro che si salva, dopo gli '80, in realtà è stato scritto quasi interamente
da autori esterni al gruppo, il che è sintomatico della menopausa creativa in
cui credevamo fossero piombati i Minds. Ci si può consolare solo se si
considera che agli U2 in fondo, è andata e sta andando molto peggio.
Ma talvolta alcuni gruppi che si
erano persi, sorprendono: Big music,
pubblicato pochi mesi fa, è il primo lavoro decisamente bello e interessante
dal sottovalutato (pure quello) Good news
from the next world, del 1995. L'ennesimo cambio di produzione ha portato a
un lavoro interessante, che si piazza da qualche parte tra Once upon a time e Cry.
Almeno quattro sono i pezzi all'altezza di quel periodo: i singoli Midnight walking e Honest town, la title track e Let
the day begin. Big music è una
boccata d'aria fresca e un grande sollievo, chissà se i Minds, già pronti per
un nuovo lavoro, hanno imboccato questa strada definitivamente.
Il continuo cambio di sound durante
gli anni '80 è stato frutto di un cambio di stato d'animo, coraggiosamente
assecondato, o della fine dell'ispirazione che ha provocato mancanza di idee?
In fondo, che importanza ha, chi l'ha detto che una band debba rimanere sempre
uguale a se stessa, per essere considerata degna di nota? Sarà solo un vezzo di
certi critici a pretenderlo?
Forse. Ma intanto godiamoci
questa ristampa di Sparkle in the rain:
il sontuoso - e costoso - cofanetto da 5 cd non contiene vere rarità ma solo
extended mix, edit e versioni strumentali. E il live, registrato a Glasgow nel
febbraio 1984 (ci sono anche alcune BBC sessions e tre videoclip), è di qualità
bassina, poco più di un buon bootleg.
Solo per fanatici (come il sottoscritto...), la versione doppio cd va più che
bene.
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